Apocatastasi
https://it.wikipedia.org/wiki/Apocatastasi

Apocatastasi (in greco antico: ἀποκατάστασις?, apokatástasis) è un termine dai molteplici significati a seconda degli ambiti (principalmente religiosi e filosofici) in cui è usato. Letteralmente significa «ritorno allo stato originario», «reintegrazione»[1] (anche in senso salvifico).
Filosofia

Nello stoicismo, che trae l’ipotesi dalla fisica di Eraclito, l’apocatastasi indica il “ristabilimento” dell’universo nel suo stato originario, e si collega alla dottrina dell’eterno ritorno propria del tempo ciclico: quando gli astri assumeranno la stessa posizione che avevano all’inizio dell’universo, avverrà una grande conflagrazione o ecpirosi (ἐκπύρωσις, e il tempo e il mondo ricominceranno un nuovo ciclo, cioè una palingenesi (πάλινγένεσις, ovvero “che nasce di nuovo”). Secondo alcuni stoici tale ciclo sarà identico al precedente, secondo altri non necessariamente uguale.[1][2]
Già Platone, del resto, nel suo dialogo Timeo, aveva definito «anno Perfetto» quello dopo il quale tutta la volta celeste torna uguale:[3] tornano nella loro posizione originaria il giorno e la notte, gli anni solari e lunari e il movimento dei pianeti.
Nel neoplatonismo con apocatastasi si indica, per estensione, anche il ritorno dei singoli individui all’unità originaria, all’Uno indifferenziato da cui l’intera realtà proviene, un ritorno reso possibile tramite l’ascesi filosofica, con cui si ripercorre all’inverso la processione che ha generato il molteplice.
L’apocatastasi, secondo Origene di Alessandria, è la restaurazione universale, un concetto che implica che alla fine dei tempi l’intera creazione, inclusi i peccatori e i demoni, sarà purificata e riportata in comunione con Dio. Origene credeva nell’amore infinito di Dio, che non permetterebbe la dannazione eterna. Questa idea, tuttavia, fu contestata da altri Padri della Chiesa, come Sant’Agostino, che sosteneva la punizione eterna per i dannati.
Origene
https://it.wikipedia.org/wiki/Origene

Origène, o Orígene, di Alessandria (in greco antico: Ὠριγένης?, Ōrigénēs, detto Adamanzio; in latino Origenes Adamantius, «resistente come il diamante»; Alessandria d’Egitto, 185 – Tiro, 254), è stato un teologo e filosofo greco antico. È considerato uno tra i principali scrittori e teologi cristiani dei primi tre secoli. Presbitero di famiglia greca cristiana, fu direttore della Scuola catechetica di Alessandria. Interpretò la transizione dalla filosofia pagana al cristianesimo e fu l’ideatore del primo grande sistema di filosofia cristiana.
Verso il 210 (a 25 anni !!!), il suo estremo rigore ascetico nel seguire le Sacre Scritture lo portò forse ad evirarsi, pratica non del tutto sconosciuta nel cristianesimo delle origini (seppur espressamente vietata). Secondo alcuni autori, per questa automutilazione il vescovo Demetrio non lo volle mai ordinare sacerdote[6].
Opere apologetiche
Tra esse si ricordano:
- Contra Celsum.[36] Negli otto libri dell’opera Origene segue punto su punto il suo avversario, il filosofo neoplatonico Celso, confutando dettagliatamente ognuna delle sue affermazioni. È un modello di ragionamento, erudizione e schietta polemica. L’opera ci permette anche di ricostruire nel dettaglio il pensiero del filosofo pagano. Origene adottò un tipo di apologia seriamente costruita, che investiva i vari aspetti del rapporto tra paganesimo e cristianesimo, non escluso quello politico: l’autore affermava infatti quell’autonomia della religione dal potere che sarà poi sviluppata con decisione da Sant’Ambrogio in ambito latino.[Nota 2]
Celso (filosofo)
https://it.wikipedia.org/wiki/Celso_(filosofo)

Celso (in greco antico Κέλσος, Kélsos, in latino Celsus; … – dopo il 178) è stato un filosofo greco antico del II secolo, di ispirazione platonica o, secondo alcuni studi, epicurea[1].
Il Discorso vero ebbe scarsa influenza sia sulla questione delle relazioni tra Stato e religione, sia sulla letteratura classica successiva, da cui fu Essenzialmente dimenticato, finché Origene, nel Contra Celsum, non ne propose una confutazione, suscitandovi così nuovo interesse. Buona parte della polemica neoplatonica deriva naturalmente da Celso, e sia le idee sia le frasi del Discorso vero si ritrovano tanto in Porfirio quanto in Giuliano (sebbene la definizione del canone biblico, nel frattempo, avesse cambiato, in qualche misura, il metodo d’attacco di questi scrittori).
Celso, poi, attraverso la “persona loquens” di un ebreo, ricapitolava i dileggi indirizzati dagli ebrei ai cristiani: Gesù sarebbe nato da un adulterio e sarebbe stato educato da maghi in Egitto, sicché la sua pretesa dignità divina mal si concilierebbe, se non per paradosso, con la sua povertà e la sua morte miserabile; il cristianesimo non troverebbe fondamento nelle profezie dell’Antico Testamento e proprio la celebre idea di una risurrezione (quella di Gesù), che parimenti si sarebbe manifestata solo ad alcuni suoi adepti, sarebbe una sciocchezza.
L’importanza di quest’opera è il quadro che dipinge della chiesa cristiana attorno all’anno 180: si può dire che Celso non condivideva le aspirazioni spirituali che il Cristianesimo cercava di soddisfare, considerandolo come una delle tante sette (più che altro gnostiche) in conflitto tra loro, spesso con finalità “sediziose” rispetto allo Stato, e considerandola come un elemento di pericolo per la società romana. Da un punto di vista morale, accusa gli insegnamenti di Gesù di plagio, essendo molte sue frasi presenti in altri scritti dell’epoca.