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Ecco un elenco dettagliato (ma selettivo) di comunità/colonie utopiche e intenzionali nel mondo, con: luogo – anni – ispirazione – fondatori/leader – nota sintetica organizzato per aree geografiche e periodi.
🇺🇸 Stati Uniti (XVIII–XXI sec.)
- Ephrata Cloister — Pennsylvania, 1732–XIX — pietismo anabattista — Johann Conrad Beissel — celibato, musica corale, stampa.
- Shakers (United Society of Believers) — varie sedi, 1774→XX — millenarismo celibatario — Ann Lee — proprietà comune, architettura e design innovativi.
- Rappiti (Harmony Society) — Pennsylvania/Indiana, 1805–1906 — pietismo tedesco, celibato — George Rapp — tre insediamenti prosperi, manifattura.
- New Harmony — Indiana, 1825–1827 — socialismo utopico — Robert Owen — esperimento educativo e cooperativo.
- Brook Farm — Massachusetts, 1841–1847 — trascendentalisti — George Ripley — scuola/lavoro comunitario; incendio ne causa il declino.
- Oneida Community — New York, 1848–1881 — perfezionismo cristiano — John Humphrey Noyes — “matrimonio complesso”, azienda di posate nel dopocomunità.
- Amana Colonies — Iowa, 1855–1932 — pietismo tedesco — Inspirationalists — economia comune, poi conversione in società per azioni.
- Zoar Society — Ohio, 1817–1898 — pietismo — immigrati del Württemberg — agricoltura e artigianato.
- Icarians — vari centri (Illinois, Iowa, California), 1848–1898 — comunismo cabettiano — Étienne Cabet — più ondate, comuni cooperative.
- Fourierist Phalanxes — USA Nord-Est, 1843–1846 — Fourier — vari — decine di brevi esperimenti.
- Llano del Rio — California, 1914–1918 — socialismo cooperativo — Job Harriman — città pianificata; poi “New Llano” (Louisiana).
- Krotona / Point Loma (teosofiche) — California, 1900s→ — teosofia — K. Tingley / A. Warrington — vita comunitaria esoterica, scuole.
- The Farm — Tennessee, 1971→ — neo-hippie, nonviolenza — Stephen Gaskin — ostetricia naturale, aiuti umanitari.
- Twin Oaks — Virginia, 1967→ — comunità egalitaria — ispirata a Skinner (Walden Two) — reddito comune, quote di lavoro.
- Rajneeshpuram — Oregon, 1981–1985 — neo-sannyas — Bhagwan Shree Rajneesh — boom rapido, conflitti legali; scioglimento.
- Hutteriti / Mennoniti / Amish — Midwest e Canada, XVIII→ — anabattisti comunitari — vari — proprietà comune (Hutteriti), vita separata.
🇨🇦 / 🇲🇽 Nord America
- Hutteriti (colonie) — Praterie canadesi, XIX→ — anabattisti — proprietà comune agricola.
- Colonia Nueva Jerusalén — Michoacán (MX), 1973→ — cattolicesimo carismatico — apparizioni; forte controllo sociale.
🇪🇺 Europa
- New Lanark — Scozia, 1800–1825 — riformismo industriale — Robert Owen — villaggio-modello, scuola infantile.
- New Harmony (UK progetti) — Scozia/UK, 1820s — owenismo — cooperative operaie urbane.
- Herrnhut (Fratelli Moravi) — Sassonia (DE), 1722→ — pietismo missionario — Zinzendorf — rete globale, cori di stato civile.
- Icaria–Speranza — Cloverdale (CA-USA) ma origine FR, 1881–1886 — icariani — coloni francesi.
- Findhorn — Scozia, 1962→ — ecovillaggio spirituale — Eileen/Caddie — agricoltura bio, educazione olistica.
- Damanhur — Piemonte (IT), 1975→ — spiritualità sincretica — Oberto Airaudi — Templi dell’Umanità, federazione di nuclei.
- Christiania — Copenaghen (DK), 1971→ — comune urbana — occupazione ex caserma — autogoverno, arte, controversie legali.
- ZEGG — Bad Belzig (DE), 1991→ — comunità sperimentale — focus su processi relazionali, ecologia.
- Sieben Linden — Germania, 1997→ — ecovillaggio — bioedilizia, governance partecipativa.
- Taizé — Francia, 1940→ — comunità ecumenica — frère Roger — preghiera, accoglienza giovani (non “utopica” in senso classico, ma comunità intenzionale).
🇮🇱 / Medio Oriente
- Kibbutz (movimento) — Israele/Palestina, 1909→ — sionismo socialista — Degania A etc. — proprietà comune, agricoltura/industria; molte riforme pro-mercato dagli anni ’80.
- Neve Shalom / Wahat al-Salam — Israele, 1970s→ — comunità ebraico-arabo congiunta — educazione alla pace.
🇷🇺 / Eurasia
- Skoptsy / Doukhobors — Russia XIX — settari spiritualisti — migrazioni in Canada (Doukhobors) — pacifismo/comunitarismo.
- Vissarion (Chiesa dell’Ultimo Testamento) — Siberia, 1990s→ — neo-messianica — ecovillaggi, vita austera.
- Tolstojani (comuni) — Russia inizio XX — anarchismo cristiano — agricoltura, nonviolenza.
🇮🇳 / 🇱🇰 / Asia meridionale
- Auroville — India (Tamil Nadu), 1968→ — spiritualità integrale — “La Madre” (Mirra Alfassa) — città universale, governance sperimentale.
- Ananda Marga (comunità PROUT) — India/global, 1955→ — spiritualità + economia cooperativa — ashram/comuni.
- Sarvodaya (villaggi) — Sri Lanka, 1958→ — gandhismo — sviluppo comunitario senza violenza.
🇨🇳 / 🇯🇵 / Asia orientale
- Taiping Heavenly Kingdom (proto-comunitario) — Cina, 1851–1864 — millenarismo cristiano sinizzato — cooperative forzate; stato settario.
- Oomoto (comunità) — Giappone, 1892→ — shinto universalista — arte/agr. comunitaria.
- Tenrikyō (insediamenti) — Giappone, XIX→ — nuova religione — opere sociali, comunità attive.
🌍 Africa
- Shashamane (Rastafari) — Etiopia, anni ’60→ — rasta diaspora — terra concessa da Haile Selassie; insediamenti variabili.
- Orania — Sudafrica, 1991→ — comunità afrikaner autonoma — controversa, economia locale.
🌎 America Latina
- Reducciones gesuitiche — Paraguay/Argentina/Brasile, XVII–XVIII — gesuiti-guaraní — città pianificate, musica, artigianato.
- Nueva Germania — Paraguay, 1886–1890s — colonia utopica tedesca — fallita; legami con ideologie proto-nazionaliste.
- Colonia Dignidad — Cile, 1961–1990s — setta tedesca — comunità agricola; gravi violazioni diritti umani (non modello positivo).
🇦🇺 / Oceania
- Nimbin “Aquarius” communes — Australia, 1973→ — contro-cultura — cooperative rurali.
- Aotearoa ecovillages — Nuova Zelanda, 1990s→ — ecologia profonda — permacultura.
Come leggere (3 chiavi rapide)
- Tipi di utopia: religiosa (shakers, hutteriti), socialista/cooperativa (kibbutzim, Llano), spirituale/esoterica (Findhorn, Damanhur), ecovillaggi (Sieben Linden), urbane alternative (Christiania).
- Durata: molte comunità durano poco (finanze, leadership, leggi); altre evolvono (kibbutz → riforme; Amana → corporate).
- Zone d’ombra: alcuni esperimenti hanno avuto abusi o derive autoritarie (es. Rajneeshpuram, Colonia Dignidad) — importante valutarli criticamente.
L’idea di utopia nasce molto prima della parola che la nomina. Nei miti dell’età dell’oro e nelle visioni profetiche delle città celesti, gli antichi immaginarono spazi dove giustizia e armonia non erano promesse ma norma. Con i Greci l’utopia si fa progetto intellettuale: Platone, nella Repubblica e nelle Leggi, disegna una città ordinata dalla virtù e dall’educazione, sorretta da un’idea esigente di bene comune. È una costruzione teorica, certo, ma introduce un tratto destinato a durare: l’utopia come specchio critico del presente, dispositivo per misurare la distanza tra ciò che è e ciò che potrebbe essere.
Nel Medioevo l’immaginazione utopica non scompare: cambia scala. I monasteri cenobitici, con la loro regola di lavoro, studio e proprietà condivisa, realizzano “micro-utopie” tangibili. L’ordine che cercano non è politico ma spirituale; e tuttavia sperimenta forme di vita comune, di redistribuzione e di governo che anticipano questioni moderne. Nel frattempo la “città ideale” abita manoscritti e mappe sacre: Gerusalemme al quadrato diventa modello simbolico di perfezione.
La parola “utopia” arriva nel 1516, quando Tommaso Moro battezza così l’isola da lui descritta: un gioco etimologico (non-luogo e buon-luogo) che fissa l’ambivalenza dell’oggetto. L’Utopia di Moro, insieme alla Città del Sole di Campanella e alla Nuova Atlantide di Bacone, inaugura il filone rinascimentale: satira dei vizi europei e laboratorio di soluzioni alternative—tolleranza religiosa, istruzione diffusa, scienza come bene pubblico. L’utopia diventa il genere che mette a nudo la società, immaginando altrove in cui correggere storture di potere, ricchezza e ignoranza.
Tra XVII e XVIII secolo, con l’Illuminismo, l’utopia si fa riforma. L’idea di progresso, la fiducia nella ragione e nell’educazione spostano l’attenzione dal “paese immaginario” alle istituzioni reali: come organizzare l’economia, la proprietà, la partecipazione. La pianificazione urbanistica sperimenta quartieri razionali, la filantropia industriale costruisce villaggi modello, le rivoluzioni politiche ne fanno orizzonte di emancipazione. In parallelo, nelle colonie del Nuovo Mondo e nelle campagne europee, spuntano le prime comunità intenzionali che provano a vivere davvero “altrimenti”: i misticheggianti shakers, i pietisti tedeschi, le cooperative ispirate a Saint-Simon e Fourier, le scuole-lavoro di Robert Owen. L’utopia scende dalla pagina alla terra: acquista appezzamenti, costruisce case, organizza cucine comuni, tenta nuove regole affettive e lavorative.
L’Ottocento è il grande secolo dell’utopia sociale. I falansteri fourieristi disegnano architetture della convivenza; gli icariani sognano democrazie eguali; comunità come Oneida, Amana o le colonie rapsite sperimentano proprietà collettiva, celibato, “matrimoni complessi” e disciplinata autogestione. Molti di questi esperimenti falliscono—per economie fragili, personalismi, ostilità esterne—ma lasciano eredità durature: cooperative di consumo, scuole avanzate, disegni urbanistici, un lessico di diritti sociali che rientrerà, per altra via, nelle politiche pubbliche.
Con il Novecento l’utopia incontra la scienza e la città moderna. La fiducia nell’elettrificazione e nell’organizzazione scientifica del lavoro produce visioni di “città-macchina” efficienti, luminose, produttive. Ma proprio qui nasce la contro-narrazione: Zamyatin, Huxley, Orwell trasfigurano l’utopia in distopia, denunciando i rischi del controllo totale, dell’omologazione, dell’ingegneria sociale che pretende di rifare l’uomo. Non è la fine del desiderio di mondi migliori: è la sua maturazione critica. Parallelamente fioriscono utopie spirituali e pedagogiche—dalle colonie teosofiche della California a esperimenti educativi radicali—dove l’“altrove” è un processo di trasformazione interiore prima che un piano regolatore.
Il secondo dopoguerra e gli anni Sessanta riportano l’utopia a misura di comunità: comuni rurali, laboratori di nonviolenza, ecologie integrali. L’architettura radicale immagina città mobili e reti leggere; la politica alternativa prova forme di democrazia diretta. Con gli anni Settanta il paradigma si sdoppia: grandi visioni di cambiamento sociale e, insieme, micropratiche che puntano a “vivere qui e ora” secondo valori condivisi: sobrietà, uguaglianza, cooperazione. Nascono gli ecovillaggi e, più tardi, le Transition Towns; l’utopia diventa prototipo replicabile, non progetto assoluto.
Il XXI secolo apre due fronti. Da un lato, le utopie digitali: internet come commons planetario, conoscenza aperta, reti orizzontali. Dall’altro, la rapida scoperta dei loro limiti—sorveglianza, algoritmi opachi, monopolio delle piattaforme—che produce nuovi immaginari: solarpunk, afrofuturismo, post-crescita. L’utopia oggi non promette paradisi chiusi; costruisce scenari desiderabili entro vincoli ecologici stringenti. È più “realista”: parla di reddito di base, città dei 15 minuti, energia rinnovabile, welfare universale, beni comuni digitali, cooperative di piattaforma. Non rinuncia al sogno, ma lo sottopone a verifiche iterative: piccoli esperimenti, metriche di impatto, correzioni continue.
Guardando indietro, la storia dell’utopia è una corrente che attraversa teologia, filosofia, arte, politica, urbanistica. Ogni epoca le ha dato la propria forma: monastero, isola letteraria, comunità intenzionale, città giardino, manifesto politico, romanzo distopico, rete open source. Cambiano i mezzi, persiste la funzione: rendere visibile un criterio di giustizia e aprire spazi di possibilità. Se le grandi utopie totali ci hanno insegnato i pericoli del progetto che annulla la pluralità, le utopie contemporanee—più umili e sperimentali—propongono un’altra via: non il “mondo perfetto”, ma mondi migliori da far crescere, qui e adesso, attraverso pratiche condivise e istituzioni capaci di cura. In questo senso, l’utopia resta indispensabile: non perché ci faccia fuggire dalla realtà, ma perché ci obbliga a misurare la realtà con ciò che le manca.
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Ecco una traccia storica dell’utopia—da idea filosofica a progetto politico, comunità reale, romanzo, città, fino alle forme contemporanee.
1) Antichi inizi (VI sec. a.C. – I sec. d.C.)
- Grecia: miti dell’“età dell’oro”, Platone (Repubblica, Leggi): giustizia, educazione, ordine delle classi → matrice di molte utopie politiche.
- Stoa: cosmopolitismo e legge naturale.
La Stoa mette insieme due idee potenti:
Cosmopolitismo
Per gli stoici (da Zenone a Crisippo, poi Seneca e Marco Aurelio) ogni essere umano è, prima di tutto, cittadino del cosmo (kosmopolites), perché tutti partecipiamo del Logos – la ragione divina che permea l’universo.
- Oikeiōsis: dal prendersi cura di sé si estende, per cerchi concentrici, la familiarità verso famiglia, città, umanità intera.
- Sympatheia: tutto è connesso; danneggiare un altro è, in ultima analisi, danneggiare il tutto di cui facciamo parte.
- Risultato etico: fraternità universale, superamento delle barriere di nascita, status, etnia; doveri verso chiunque, non solo verso i concittadini.
Legge naturale
Accanto a leggi locali mutevoli, esiste una legge di natura (lex naturae): la norma della ragione retta conforme al Logos, uguale per tutti.
- Fondamento: ciò che è secondo natura (virtù, giustizia, autocontrollo, bene comune) è vincolante a prescindere dalle convenzioni.
- In pratica: l’azione giusta è quella razionale e universabile; le istituzioni umane vanno giudicate e, se necessario, corrette alla luce di questo criterio sovra-positivo.
- Eredità: lo stoicismo alimenta lo ius naturale romano (p.es. Cicerone) e, più tardi, le tradizioni del diritto naturale cristiano e moderno, fino ai linguaggi contemporanei dei diritti umani.
In una frase
Lo stoicismo unisce una politica della cittadinanza universale (cosmopolitismo) a un criterio normativo universale (legge naturale): siamo tutti parte di un’unica comunità razionale e le nostre leggi valgono nella misura in cui rispettano la ragione comune e la dignità di ogni essere umano.
- Tradizioni religiose: “Città di Dio” profetiche/escatologiche (Gerusalemme celeste) → utopie oltre la storia.
2) Medioevo (V – XV)
- Monachesimi: regole cenobitiche come micro-utopie: lavoro, studio, proprietà in comune.
- Città ideali nei trattati teologici e nelle mappe allegoriche (Gerusalemme quadrata).
3) Rinascimento: nasce la parola (XVI – inizi XVII)
- 1516: Tommaso Moro, Utopia → conia il termine (non-luogo/luogo felice). Proprietà comune, tolleranza, istruzione; satira della società europea.
- Campanella, Città del Sole (1602): teocrazia sapienziale, scienza condivisa.
- Bacone, Nuova Atlantide (1627): isola della ricerca scientifica (Casa di Salomone) → utopia tecnico-scientifica.
4) Età moderna e rivoluzioni (XVII – XVIII)
- Progetti repubblicani/egualitari (Harrington, Mably).
- Illuminismo: progresso, ragione, istruzione → utopie riformiste (istruzione popolare, igiene, urbanistica).
- Colonizzazioni: piani di “città nuove” (Pennsylvania, Savannah).
5) Ottocento: utopia sociale e comunitaria
- Socialisti utopisti: Saint-Simon, Fourier (falangi/“phalanstères”), Robert Owen (New Lanark, New Harmony).
- Intentional communities negli USA ed Europa: Shakers, Rappiti, Icarians, Brook Farm, Oneida; in Palestina/Israele i kibbutzim (dal 1909).
- Romanzo utopico fiorisce (Bellamy, Looking Backward, 1888).
- Urbanistica: Howard e le Garden Cities (fine ‘800) → cintura verde, servizi pubblici, cooperative.
6) Primo Novecento: scienza, città e “utopie nere”
- Fede nel progresso: elettrificazione, taylorismo; visioni di città-macchina (Le Corbusier, Ville Radieuse).
- Utopie spirituali: teosofiche (Point Loma, Halcyon), comunità artistiche, esperimenti pedagogici.
- Dalla utopia alla distopia: Zamyatin (Noi, 1921), Huxley (Brave New World, 1932), Orwell (1984, 1949) → critica del controllo totale e dell’“ingegneria dell’uomo”.
7) Dopoguerra – anni ’60/’70
- Movimenti controculturali: comuni, The Farm, Twin Oaks, ecologia profonda.
- Architetture radicali: Archigram, Superstudio; città-plug-in, megastrutture.
- Sperimenti socialisti/comunitari oltre l’Occidente (Ujamaa in Tanzania; riforme dei kibbutzim).
8) Tardi XX – XXI secolo: ecologie, reti, futuri plurali
- Ecovillaggi e Transition Towns: sostenibilità, permacultura (Findhorn, Sieben Linden).
- Utopie digitali: Internet come “commons” → poi disincanto (sorveglianza/algoritmi).
- Solarpunk & Afrofuturism: immaginari positivi di tecnologia + ecologia + giustizia.
- Cripto/DAO: governance sperimentali; rischi di tecnocrazia/ineguaglianza.
- Post-crescita (degrowth) e Green New Deal: “utopie pragmatiche” per il clima.
- Cure/commons: reddito di base, welfare universale, città dei 15 minuti.
Fili conduttori (cosa muta, cosa resta)
- Costante: desiderio di ordine giusto e vita buona; critica dell’esistente.
- Variabile: il mezzo (religione, ragione, scienza, comunità, reti) e la scala (monastero, città, Stato, pianeta).
- Torsione moderna: la lezione distopica mette in guardia su autoritarismo, omologazione, eccesso di pianificazione.
- Oggi: utopie più modeste e sperimentali (“prototipi” locali, piattaforme cooperative, politiche del clima) invece dei sistemi totali.
Tipologie (per orientarsi)
- Letterarie: da Moro a Le Guin (utopie femministe/eco).
- Comunitarie: monastiche, socialiste, spirituali, ecovillaggi.
- Politiche: riforme istituzionali, welfare, diritti.
- Urbane: città ideali, garden cities, smart/slow cities.
- Tecnologiche: ottimismo scientifico, poi tecno-critica.
Letture rapide (poche ma buone)
- Tommaso Moro, Utopia (1516)
- Campanella, Città del Sole; Bacone, Nuova Atlantide
- Howard, Garden Cities of To-morrow
- Bellamy, Looking Backward; Le Guin, The Dispossessed
- Bloch, Il principio speranza (filosofia dell’utopia)
- James C. Scott, Seeing Like a State (critica delle mega-utopie pianificatrici)
- Rutger Bregman, Utopia for Realists (utopie pratiche contemporanee)
In una frase
La storia dell’utopia è il passaggio dal “non-luogo perfetto” (Moro) a una cassetta degli attrezzi per cambiare il reale: a volte sogno totalizzante (e pericoloso), sempre più spesso laboratorio locale che prova a conciliare giustizia, libertà ed ecologia.
Come situare la società teosofica fra le comunità utopiche ? La Società Teosofica (TS) non è nata come “colonia utopica” ma come rete culturale globale (New York, 1875: Blavatsky, Olcott, Judge) con un programma etico-spirituale:
- Fratellanza universale (cosmopolitismo integrale),
- Studio comparato di religioni/filosofie/scienze,
- Sviluppo interiore.
Questo la colloca tra le utopie etico-culturali più che tra le comuni economiche.
Dove la situiamo nella mappa delle utopie
- Scala e forma: non una comune unica, ma un network internazionale di logge, scuole, centri editoriali.
- Economia: niente proprietà collettiva né “cassa comune” tipica delle comuni socialiste; più cooperazione culturale (scuole, editoria, conferenze).
- Utopia del soggetto: per la TS il cambiamento sociale passa da coscienza, educazione, etica (karma, non-violenza, solidarietà), non dalla pianificazione economica.
Le “colonie teosofiche” (rami e affini)
Accanto alla TS “ufficiale” (sede Adyar), nascono esperimenti intenzionali che avvicinano la TS al mondo delle comunità utopiche:
- Point Loma / Lomaland (San Diego, 1900–1942, Katherine Tingley): campus residenziale con scuola “Raja Yoga”, teatro, orti, vita comunitaria sobria → utopia educativa-artistica.
- Krotona (Hollywood poi Ojai, dal 1912): centro residenziale di studio e pratica → comunità culturale a bassa intensità economica.
- Halcyon (Temple of the People, dal 1903): ramo teosofico indipendente con villaggio, tempio, attività artigiane → intentional community propriamente detta.
Cosa la distingue dalle utopie classiche
- Non totalizzante: niente progetto politico unico né “città ideale” da imporre; piuttosto pluralità di nuclei.
- Inclusiva/trans-religiosa: cosmopolitismo pratico (contro caste, razzismi; educazione mista) → anticipa temi di diritti e intercultura.
- Rischi tipici: come altre utopie spirituali, ha conosciuto tensioni carismatiche (attese messianiche su Krishnamurti, scismi), che mostrano il lato delicato tra ricerca interiore e leadership.
In sintesi tipologica
Metterei la Società Teosofica a metà strada tra:
- le utopie comunitarie (per i suoi esperimenti residenziali e l’etica condivisa), e
- le utopie culturali/educative (perché il suo fulcro reale è rete, studio, riforme etiche).