Vediamo cosa ci dice l’IA …
È una domanda profonda, senza una risposta unica e definitiva. Possiamo però guardarla da tre prospettive principali — scientifica, filosofico-spirituale e esperienziale — ognuna delle quali illumina un frammento diverso del mistero.
🧠 1) La prospettiva scientifica — cosa accade al corpo e al cervello
Quando una persona muore, avviene una sequenza fisiologica abbastanza chiara:
- il cuore smette di pompare sangue
- l’attività elettrica del cervello cessa gradualmente
- i processi cellulari si arrestano
- il corpo entra nel processo biologico della decomposizione
Dal punto di vista medico, la coscienza cessa quando il cervello smette di funzionare.
Le neuroscienze spiegano l’esperienza soggettiva come prodotto delle reti neuronali: quando queste non operano più, non c’è esperienza conscia rilevabile.
Tuttavia, il quadro non è completamente chiuso: studi sulle esperienze di premorte (NDE) mostrano vissuti intensi (tunnel, luce, pace, revisione della vita). La scienza li interpreta come:
- effetti neurochimici e allucinatori del cervello in ipossia
- ricordi ricostruiti
- stati alterati di coscienza
ma non può dimostrare né escludere che abbiano una dimensione ulteriore. Rimane quindi una zona aperta.
🕊️ 2) La prospettiva spirituale — visioni delle tradizioni
Quasi tutte le culture hanno elaborato una risposta al “dopo”.
- Cristianesimo → sopravvivenza dell’anima, giudizio, resurrezione, paradiso/inferno/trasformazione
- Buddhismo / Induismo → cicli di rinascita (samsara), continuità di coscienza, karma e liberazione
- Tradizione islamica → vita dell’anima, resurrezione, dimensione intermedia (barzakh)
- Filosofia platonica → anima come realtà indipendente dal corpo
- Teosofia / esoterismo moderno → corpi sottili, piani di coscienza, sopravvivenza graduale dell’identità interiore
Una costante attraversa molte tradizioni:
la morte non è annientamento, ma passaggio di stato della coscienza.
Non tutte intendono questa coscienza come “persona” identica; spesso parlano di processo, flusso, memoria spirituale più che identità fissa.
🌌 3) La prospettiva esperienziale — cosa dicono le persone
Nel corso dei secoli, mistici, meditanti, morenti e persone rianimate descrivono spesso:
- senso di separazione dal corpo
- incontri simbolici o affettivi
- pace, luminosità
- “rivisitazione” della vita
- percezione dell’unità o dell’amore
Queste narrazioni non sono prove scientifiche, ma hanno un valore umano e psicologico profondo. Curiosamente, molte sono simili attraverso culture diverse, come se la mente umana avesse un modo ricorrente di vivere la soglia.
🧩 E allora… cosa succede davvero?
La verità, oggi, è onesta e doppia:
- la scienza descrive bene cosa accade al corpo, ma non può dire cosa accada all’esperienza oltre il punto di non-ritorno
- le tradizioni spirituali danno significato al mistero, ma non possono dimostrarlo come un fatto empirico
Siamo davanti a una frontiera della conoscenza.
La morte resta parte del mistero dell’identità e della coscienza.
❤️ Una cosa però è certa
Qualunque cosa accada dopo, la morte dà valore alla vita ora:
- rende preziose le relazioni
- ci spinge a cercare senso
- ci ricorda che ogni gesto ha peso
Molti filosofi e saggi suggeriscono che il compito umano non sia “sapere cosa c’è dopo”, ma imparare a vivere pienamente prima.
🙏 Posso chiederti una cosa?
Questa domanda nasce da:
- curiosità filosofica?
- un’esperienza personale o una perdita recente?
- un interesse spirituale o esoterico?
Dimmi se vuoi che approfondiamo
👉 in chiave scientifica, spirituale, teosofica, psicologica o personale — e continuerò nella direzione che senti più vicina.
Cerca delle descrizioni di esperienze di chi è tornato, maestri veri
Ti preparo una piccola “antologia” ragionata di esperienze di morte o quasi-morte raccontate da persone considerate, in modi diversi, maestri o figure spirituali di grande peso. Cerco di tenere insieme il racconto e anche un minimo di “igiene mentale”: segnalare dove la cosa è visione mistica, dove è NDE, dove ci sono critiche.
1. Ramana Maharshi – la “morte” a 16 anni
A 16 anni, Venkataraman (il futuro Ramana Maharshi) fu improvvisamente preso da una paura di morire così intensa da vivere una vera simulazione totale della morte.
Lui stesso racconta che:
- si lasciò cadere a terra, come un corpo cadavere
- irrigidì le membra, trattenne il respiro
- immaginò il corpo portato al rogo
- osservò tutto da una coscienza testimone, distinta dal corpo
Dopo questa esperienza, disse che la paura della morte era scomparsa “una volta per tutte” e che aveva riconosciuto in sé un Sé senza nascita né morte.Gururamana+1
In sostanza: il corpo muore, ma ciò che io sono realmente non muore.
Da lì abbandona la vita ordinaria e si ritira ad Arunachala. Non è una NDE clinica da ospedale, ma un’esperienza di tipo NDE interna, vissuta come morte reale e ritorno, che diventa la base della sua intera via spirituale.
2. Julian of Norwich – le 16 “showings” sul letto di morte
Julian of Norwich (XIV secolo), mistica cristiana inglese, si ammala gravemente nel 1373; la danno praticamente per morta, le amministrano gli ultimi sacramenti. Proprio in quello stato di semi-morte riceve sedici visioni (che lei chiama showings):
- vede Cristo sofferente sul crocifisso che il sacerdote le tiene davanti
- riceve un flusso di parole interiori sull’amore divino
- sperimenta una visione unitaria in cui percepisce che “all shall be well” – tutto andrà bene, in ogni cosa Center for Action and Contemplation+2Daily Office+2
Poi guarisce, si ritira come reclusa e passa decenni a meditare su quanto ha visto, scrivendo il libro “Revelations of Divine Love”, la prima opera mistica nota di una donna in inglese.
Per lei, ciò che “c’è dopo” è una coscienza immersa nell’amore: nessun giudice sadico, ma una specie di fondo ultimo in cui tutto è accolto e trasfigurato. La sua visione nasce proprio al confine della morte.
3. Delog tibetani – “andati oltre e tornati”
Nella tradizione tibetana esiste la figura del delog (“quello che è andato e tornato”):
- persone che entrano in uno stato di morte apparente
- il respiro e le funzioni vitali sembrano cessare
- “viaggiano” nei regni dell’oltre-morte (inferni, paradisi, bardos)
- poi ritornano a raccontare cosa hanno visto, spesso cambiando vita e divenendo praticanti seri
Ci sono biografie tradizionali di questi delog (ad es. la famosa Délok Dawa Drolma), in cui descrivono giudizi karmici, esseri di luce, regioni di sofferenza e regioni di grande beatitudine. Rubin Museum of Himalayan Art+2A Buddhist Library+2
Per i lama, queste esperienze:
- non sono “turismo astrale”,
- ma chiamate a vivere in modo molto più responsabile,
- conferme, in chiave visionaria, di ciò che i testi sul bardo descrivono.
4. Mingyur Rinpoche – il lama che dice “la parte migliore è stata quasi morire”
Il maestro tibetano contemporaneo Yongey Mingyur Rinpoche racconta di essere quasi morto durante il suo periodo di vagabondaggio come yogi errante in India e Nepal:
- si ammala gravemente, corpo debolissimo, febbre, diarrea, denutrizione
- è convinto di stare morendo
- usa la situazione come pratica di Mahamudra: osserva paura, dolore, dissoluzione del corpo
- a un certo punto descrive uno stato di gioia immensa, spaziosità, libertà, proprio mentre pensava di morire
Nell’intervista dirà che quella near-death experience è stata “la parte migliore dei quattro anni” perché ha “tolto l’ultima paura” e gli ha mostrato che la nostra natura più profonda non è toccata nemmeno dalla morte.Lion’s Roar+1
È interessante che qui non ci sia una “Hollywood dell’aldilà” (tunnel, parenti, ecc.), ma piuttosto una esperienza di nuda coscienza: restare presenti nell’istante in cui tutto se ne va.
5. Eben Alexander – il neurochirurgo scettico che cambia posizione
Poi ci sono figure non propriamente “maestri spirituali”, ma molto influenti nel discorso moderno sul dopo-morte. Un caso clamoroso è Eben Alexander, neurochirurgo americano:
- entra in coma per una meningite fulminante
- il suo cervello, specialmente la corteccia, risulta praticamente inattivo
- lui riferisce una lunga esperienza in un “altrove” di luce, musica, esseri affettuosi, una guida femminile
- ne esce convinto che la coscienza non è prodotta dal cervello e scrive Proof of Heaven (“La prova del paradiso”) Wikipedia+1
Il libro è diventato un bestseller mondiale, ma è stato molto criticato da neurologi e razionalisti (c’è un famoso articolo su Scientific American che smonta la pretesa di “prova” definitiva).Scientific American
Per noi, però, interessa il punto:
uno scienziato “dall’altra parte della barricata” vive qualcosa che interpreta come viaggio oltre la morte e ritorno, e questo cambia completamente il suo asse interiore.
6. Cosa hanno in comune queste esperienze?
Se togliamo le sovrastrutture dottrinali, quello che si ripete è sorprendentemente simile:
- La coscienza non si spegne
– Tutti descrivono una forma di consapevolezza lucida mentre il corpo sembra morire o è dato per morto. - Qualcosa osserva il corpo da fuori
– Ramana osserva il proprio cadavere immaginario; molti NDE riferiscono viste “dall’alto”. - C’è un cambiamento irreversibile nel rapporto con la morte
– Paura drasticamente ridotta o scomparsa; priorità di vita completamente riorganizzate. - Forte componente di amore / luce / unitarietà
– Julian: “All shall be well”; Mingyur: gioia in mezzo alla dissoluzione; Alexander: universo intriso di amore. - Ritorno con una missione
– scrivere, insegnare, testimoniare, servire gli altri.
7. Un po’ di onestà epistemica
Queste testimonianze non sono “prova” matematica che X succede dopo la morte:
- il cervello è poco compreso, e stati limite possono produrre fenomeni estremi
- i filtri culturali (cristiano, buddhista, teosofico…) colorano il contenuto dell’esperienza
Però, se li guardi insieme, contengono indizi forti di qualcosa:
- che la coscienza è più robusta di quanto pensiamo
- che al confine della morte possono emergere visioni strutturate, non semplici caos allucinatori
- che chi vive queste cose seriamente tende a cambiare vita in profondità, e questo, da un punto di vista spirituale, è il vero “criterio di realtà”.
Se vuoi, nel prossimo passo posso:
- fare una tabella con: nome del maestro, contesto, tipo di esperienza, conseguenze sulla sua vita
- oppure entrare nel dettaglio solo di uno (Ramana, Julian, Mingyur…) e analizzarlo in chiave teosofica/gnostica, come “mappa” di ciò che potrebbe accadere dopo la morte.
dettagli di tutti
Ok, andiamo uno per uno e ti faccio una mini-“scheda” dettagliata per ciascuno, concentrata sull’esperienza di morte/quasi-morte, su cosa dicono che sia successo e su come li ha cambiati.
1️⃣ Ramana Maharshi – la “morte” improvvisa a 16 anni
Contesto
– India del sud, 1896 circa, Ramana ha 16 anni, è uno studente normale, non è ancora un ricercatore spirituale consapevole.
– Un giorno, in casa dello zio a Madurai, viene investito da una paura della morte improvvisa, intensissima.Wikipedia+1
Cosa fa concretamente
Lui stesso, più tardi, racconta così (riassumo, senza citare parola per parola):
- sente che sta per morire, senza motivo apparente
- invece di fuggire o chiamare aiuto, si sdraia a terra, come sul letto di morte
- immobilizza il corpo: irrigidisce braccia e gambe, ferma il respiro il più possibile
- immagina: “Adesso il corpo è morto, lo portano al rogo, si decompone”
- mentre fa questo, nota che qualcosa è ancora pienamente cosciente:
“Il corpo muore, ma io sono ancora qui. Chi è questo ‘io’ che non muore?”
Questa intuizione si approfondisce:
“Il corpo muore, ma questo ‘corrente’, questa ‘forza’ resta.
Questa è il vero Sé.”
Più tardi chiamerà quell’episodio “sudden liberation” (akrama mukti): una liberazione istantanea, senza anni di pratica.Wikipedia+2Freddie Yam+2
Come lo trasforma
- la paura della morte scompare completamente
- poche settimane dopo, lascia casa, scuola, parenti e va verso Arunachala
- passa anni in silenzio, assorbito in quello stato di “Io sono” impersonale
- da lì nasce tutto il suo insegnamento: sei ciò che non muore quando il corpo muore
Per lui, “cosa succede quando moriamo” è già chiaro:
cade la forma, ma il Sé cosciente fondamentale non è mai nato e non muore.
2️⃣ Julian of Norwich – le 16 “showings” sul letto di morte (1373)
Contesto
– Inghilterra, Norwich, maggio 1373. Julian ha circa 30 anni e mezzo.
– Si ammala gravemente; per giorni è sospesa tra vita e morte, riceve i sacramenti finali e tutti pensano che stia morendo.EBSCO+2Christian History Institute+2
L’esperienza
- è distesa, quasi senza respiro, un sacerdote le tiene un crocifisso davanti agli occhi
- il dolore fisico sparisce all’improvviso, entrano uno stato di “sollievo totale”
- in quel momento comincia una serie di 16 visioni (che chiamerà showings):
- vede Cristo sofferente, molto vicino, quasi vivo davanti a lei
- percepisce un flusso di parole interiori di consolazione
- ha visioni simboliche: sangue, cuore, un piccolo oggetto rotondo (“come una nocciola”) che rappresenta tutto ciò che esiste, tenuto nell’amore di Dio
- lei stessa pensa di essere sul punto di morire: le visioni arrivano proprio lì
Il messaggio centrale che riceve è il celebre:
“All shall be well, and all shall be well,
and all manner of thing shall be well.”
– “Tutto andrà bene.” Non nel senso superficiale, ma come intuizione che, al livello più profondo, la realtà è tenuta in un amore che non fallisce.a-home-for-soul+2Center for Action and Contemplation+2
Dopo la “quasi morte”
- contro le aspettative, non muore
- si riprende e, negli anni successivi, diventa reclusa (anacoreta) in una cella annessa a una chiesa
- passa probabilmente 20 anni a meditare su quelle visioni
- scrive A Book of Showings (o Revelations of Divine Love): la prima opera mistica in inglese di una donna
Per lei, l’“oltre” è immersione nella misericordia:
non nega il peccato e il male, ma lo vede come qualcosa che viene, misteriosamente, riassorbito in un amore più grande.
3️⃣ I delog tibetani – Dawa Drolma, “Delog: Journey to Realms Beyond Death”
Chi è Dawa Drolma
- giovane donna tibetana del XX secolo, considerata lama e dakini
- a circa 16 anni vive una lunga esperienza di “morte e ritorno”
- è considerata delog (DAY-loak): “colei che è morta, ha viaggiato nei regni e ritorna”Tibetan Culture+2The Treasury of Lives+2
Cosa racconta nel suo libro (Delog: Journey to Realms Beyond Death)
- si ammala, entra in una sorta di morte apparente (per la famiglia e il villaggio è morta)
- la coscienza “esce” dal corpo e viene guidata da Tara e da altre divinità benevole
- attraversa diversi bardos (stati intermedi post-mortem), inferni e paradisi
- descrive in dettaglio:
- esseri che soffrono per azioni passate (karma)
- regni puri di buddha e bodhisattva
- tribunali karmici dove le azioni vengono pesate
- il tono del racconto è quasi “da turista”, come osservano alcuni lama: precisa, vivida, concreta.FPMT+1
La funzione spirituale
- l’esperienza dura vari giorni (mentre il corpo rimane come morto)
- al ritorno, Dawa Drolma è profondamente cambiata:
- sviluppa una compassione illimitata per tutti gli esseri
- invita la gente a praticare, pregare, recitare mantra, evitare azioni negative
- i maestri tibetani leggono il suo racconto non come “reportage oggettivo dell’aldilà”, ma come viaggio di coscienza che conferma, in forma visionaria, la dottrina del bardo.
In sintesi: la morte è un processo di coscienza altamente strutturato, non un blackout; e ciò che pesa è la qualità etica e mentale della vita vissuta.
4️⃣ Mingyur Rinpoche – la quasi-morte a Kushinagar
Contesto
- grande maestro tibetano contemporaneo (Kagyu/Nyingma)
- nel 2011 lascia tutto e parte come yogi errante, senza denaro né protezione
- durante questo pellegrinaggio arriva a Kushinagar (luogo in cui il Buddha è morto), si ammala gravemente (infezione intestinale, diarrea, febbre, quasi nessun cibo)Lion’s Roar+2Facebook+2
L’esperienza
Lui la racconta in modo molto diretto:
- è debolissimo, disidratato, sdraiato in una piccola stanza
- è convinto di stare morendo per davvero
- decide consapevolmente di usare quel momento come pratica di meditazione:
- porta l’attenzione sulla paura
- applica gli insegnamenti su rigpa / natura di mente
- a un certo punto, riferisce una svolta:
- il dolore e la paura restano sullo sfondo
- emerge una qualità di spaziosità, gioia, libertà enorme
- descrive una sensazione di “tutto è ok, anche morire”
Nelle interviste dirà che quella quasi-morte è stata la parte migliore dei 4 anni di ritiro, perché:
gli ha “tolto l’ultima paura” e confermato che la nostra vera natura è incondizionata, non toccata neppure dal processo di morire.Lion’s Roar+2Dharmawheel+2
Non parla di tunnel, parenti, scenografie dell’aldilà: è un’esperienza di nuda coscienza, radicalmente interna.
5️⃣ Eben Alexander – coma da meningite e NDE “classica”
Chi è
- neurochirurgo americano, scettico sulle NDE prima della sua esperienza
- nel 2008 contrae una meningite batterica fulminante
- entra in coma profondo per circa 7 giorni, con prognosi di morte quasi certaWikipedia+2Eben Alexander+2
Cosa dice di aver vissuto
Nel libro Proof of Heaven e in vari articoli racconta:
- primo stadio – una sorta di “regione di fango”, buia, vischiosa, senza linguaggio
- passaggio – una musica / vibrazione lo solleva verso un mondo luminoso
- “Regno superiore” – paesaggi di luce, natura intensificata, una presenza femminile che lo accompagna (che poi identificherà con una sorella morta da tempo, che non aveva conosciuto)
- percezione di una realtà di amore incondizionato, senso di “casa vera”
- un “centro” ancora più alto, senza immagini, puro essere/consapevolezza
Quando si risveglia dal coma, la sua visione del mondo è completamente cambiata:
– da materialista scettico a convinto sostenitore che la coscienza può sopravvivere indipendentemente dal cervello Wikipedia+1
Critiche
- alcuni neuroscienziati (es. articolo su Scientific American) sostengono che l’esperienza potrebbe essersi verificata mentre il cervello tornava online, non quando era totalmente “spento”, e quindi non prova nulla sull’“oltre” Scientific American
- inoltre, ci sono state critiche alla sua biografia professionale
Ma, al di là del dibattito, restano due fatti:
- lui è soggettivamente convinto di aver vissuto qualcosa oltre la morte
- il racconto ha toccato milioni di persone, diventando un punto di riferimento nel discorso contemporaneo su coscienza e aldilà
Fil rouge tra tutti questi casi
Pur con differenze enormi di contesto (India advaita, mistica cristiana medievale, Tibet, buddhismo contemporaneo, ospedale americano), ritornano alcuni punti:
- la coscienza continua in qualche forma mentre il corpo sembra finito o vicino alla fine
- il vissuto è altamente strutturato, non caos puro
- dopo l’esperienza, queste persone non vivono più nello stesso modo
– meno paura della morte
– più urgenza di vivere in modo etico/compassionevole
– spesso una missione: insegnare, testimoniare, aiutare
Prova del Paradiso
| Autore | Ben Alexander |
|---|---|
| Lingua | Inglese |
| Soggetto | Spiritualità |
| Editore | Simon & Schuster |
| Data di pubblicazione | 23 ottobre 2012 |
| Luogo di pubblicazione | Stati Uniti |
| Tipo di supporto | Stampa ( copertina rigida e tascabile ) |
| Pagine | 196 |
| Codice ISBN | 978-1451695199 |
| Seguito da | La mappa del paradiso |
“Proof of Heaven: A Neurosurgeon’s Journey into the Afterlife” è unbestseller del New York Times del 2012, un libro autobiografico e di saggistica, scritto dal neurochirurgo americano Eben Alexander e pubblicato da Simon & Schuster . Il libro descrive un’esperienza di pre-morte vissuta da Alexander mentre soffriva di quella che avrebbe dovuto essere una meningite acutada batteri Gram-negativi da Escherichia coli , mentre era attaccato a un respiratore e in coma quasi mortale per un’intera settimana, con la morte preannunciata dai suoi esperti medici. Alexander descrive come l’esperienza abbia cambiato la sua percezione della vita e dell’aldilà. Il libro è stato un successo commerciale, ma è stato anche oggetto di critiche scientifiche in relazione a idee sbagliate sulla neurologia , come il coma farmacologico come morte cerebrale .
Riepilogo
Nell’autunno del 2008, Alexander, medico del Lynchburg General Hospital in Virginia, contrasse una meningite batterica molto rara e trascorse sette giorni in coma. Durante questo stato, le esperienze di Alexander gli diedero motivo di credere nella coscienza dopo la morte cerebrale documentata della neocorteccia. Alexander racconta i dettagli della sua esperienza dal punto di vista di un neurochirurgo e discute di come ciò abbia influenzato le sue opinioni sulla vita, la filosofia, la medicina e (in quanto agnostico da sempre) sull’esistenza di Dio e degli angeli.
Ricezione
Proof of Heaven ha raggiunto la top 10 nella lista dei 150 titoli più venduti di USA Today . [ 1 ] Ha anche raggiunto il numero 1 tra i libri di saggistica tascabili più venduti del New York Times , [ 2 ] il numero 3 tra i best seller del Los Angeles Times , [ 3 ] ed è incluso tra i best seller di Amazon del 2012. Proof of Heaven è stato presentato su Newsweek [ 4 ] e la storia di Alexander è stata presentata su ABC news Nightline . [ 5 ] Sono stati ricevuti un certo scetticismo e critiche, così come elogi. [ 6 ] [ 7 ] [ 8 ] [ 9 ]
In un’indagine del 2013 sulla storia e il background medico di Alexander, la rivista Esquire ha riferito che prima della pubblicazione di Proof of Heaven , Alexander era stato licenziato o sospeso da diversi incarichi ospedalieri ed era stato oggetto di diverse cause per negligenza, tra cui almeno due riguardanti l’alterazione di cartelle cliniche per coprire un errore medico . Ha risolto cinque cause per negligenza in Virginia nell’arco di dieci anni. [ 10 ] Esquire ha anche riscontrato quelle che ha definito discrepanze riguardo alla versione degli eventi di Alexander nel libro. Tra le discrepanze, c’era il fatto che Alexander aveva scritto che la causa del suo coma era una meningite batterica, nonostante il suo medico avesse detto al giornalista che era stato cosciente e aveva allucinazioni prima di essere messo in coma farmacologico. [ 10 ] [ 11 ] In una dichiarazione in risposta alle critiche, Alexander ha sostenuto che la sua rappresentazione dell’esperienza era veritiera e che credeva nel messaggio contenuto nel suo libro. Ha anche affermato che l’ articolo dell’Esquire ha “selezionato” informazioni sul suo passato per screditare i suoi resoconti dell’evento. [ 11 ]
Proof of Heaven è stato criticato anche dagli scienziati, tra cui il neuroscienziato Sam Harris , che ha descritto il racconto di NDE di Alexander sul suo blog come “allarmantemente non scientifico”, e che le affermazioni di aver sperimentato visioni mentre la sua corteccia cerebrale era spenta dimostravano un fallimento nel riconoscere la neuroscienza esistente. Ha osservato che il DMT , un neurotrasmettitore del cervello, così come la ketamina , un anestetico comunemente usato nella gestione delle condizioni neurologiche, sono mezzi comuni e più plausibili per tali forti esperienze allucinatorie. Ha aggiunto che mentre i neurochirurghi hanno bisogno di comprenderne l’anatomia, non hanno bisogno di studiare come funziona il cervello, a differenza dei neurologi. [ 12 ] Il neurologo e scrittore Oliver Sacks era d’accordo con Harris e sosteneva che Alexander non era riuscito a riconoscere che l’esperienza avrebbe potuto essere il risultato del ritorno della sua corteccia alla piena funzionalità all’inizio del suo coma, piuttosto che un’esperienza soprannaturale. [ 13 ]
Riferimenti
- Libri più venduti: cosa stanno leggendo gli americani , USA Today . Consultato il 18 novembre 2012
- Best Sellers , New York Times . Recuperato il 18 novembre 2012
- I bestseller di questa settimana , Los Angeles Times . Consultato il 18 novembre 2012
- Il paradiso è reale: l’esperienza di un medico nell’aldilà (immagine di copertina), Newsweek , 15 ottobre 2012. Consultato il 18 novembre 2012
- Marsh, Mary e Moran, Terry, neuroscienziato vede la “prova del paradiso” in un coma durato una settimana , ABC News , 24 ottobre 2012. Consultato il 18 novembre 2012
- Wendy-Marie Teichert, RECENSIONE DEL LIBRO: *Proof of Heaven: A Neurosurgeon’s Journey into the Afterlife* , Catholic Business Journal
- Michael Shermer, Perché un’esperienza di pre-morte non è la prova del Paradiso , Scientific American , 19 marzo 2013
- Donald S. Whitney, Proof of Heaven di Eben Alexander III (recensione) Archiviato il 18 maggio 2014 in Internet Archive ., The Center for Biblical Spirituality, 2013
- ” Recensioni di Proof of Heaven “ . Christianbook.com.
- Dittrich, Luke (2 luglio 2013).“Un’indagine sul bestseller ‘Proof of Heaven'”“ . Esquire .
- Jeff Bercovici.“Esquire svela i problemi di credibilità dell’autore di ‘Proof of Heaven'”. Forbes . Consultato il 13 luglio 2013.
- Harris, Sam (12 ottobre 2012). “This Must Be Heaven” . Consultato il 26 maggio 2018 .
- Sacks, Oliver, “Vedere Dio nel terzo millennio” , The Atlantic Monthly (12 dicembre 2012).
Link esterni
- La prova del paradiso: il viaggio di un neurochirurgo nell’aldilà , Google Libri. Consultato il 18 novembre 2012
- Libri di saggistica del 2012
- Libri di saggistica americani
- Libri sulla salute
- Libri sulle esperienze di pre-morte
- Libri sulla spiritualità
- Libri di Simon & Schuster
Elizabeth Kübler-Ross sull’aldilà … che dice ?
Ti rispondo proprio su cosa dice Kübler-Ross specificamente sull’aldilà, non in generale sulla morte.
Non ha mai costruito una “teologia” completa, però negli ultimi libri e conferenze diventa abbastanza chiara su alcuni punti.
1. L’aldilà esiste ed è continuo con questa vita
Negli anni più maturi lei dice senza giri di parole che, per lei, qualcosa continua:
- la morte è un passaggio, non una fine
- la coscienza non viene distrutta, ma cambia “stato”
- parla spesso di “un altro livello di esistenza”, non come luogo fisico ma piano di coscienza
Non descrive un paradiso/inferno stile catechismo, ma un “dopo” dove:
- non ci sono limitazioni fisiche
- non c’è dolore
- la persona si sente più vasta, più libera
2. Incontro con altri esseri e con guide
In tutte le raccolte di testimonianze che ha studiato (e in alcune esperienze che dice di aver vissuto lei stessa), ricorrono:
- incontri con persone care già morte
- la sensazione di una o più “guide” o presenze affettuose
- un clima emotivo di accoglienza fortissima
Lei interpreta questo come indizio che:
non entriamo in un vuoto freddo,
ma in una dimensione relazionale, dove i legami profondi restano.
3. La “revisione della vita”
Kübler-Ross riprende un tema classico delle NDE:
- molte persone le raccontavano una sorta di “film” della propria vita
- non solo rivedono i fatti, ma sentono ciò che hanno fatto provare agli altri
- non c’è un giudice esterno “punitivo”, ma una presa di coscienza: “Vedi dove hai amato, dove hai ferito, dove non sei stato presente.”
Per lei, l’aldilà contiene una fase di comprensione:
- riconosci il senso della tua vita
- ti confronti con le tue omissioni
- capisci che ciò che “conta” è stata la qualità dell’amore
4. Nessun inferno eterno: crescita e guarigione
Qui è importante:
Kübler-Ross non parla quasi mai di inferno eterno alla maniera tradizionale.
La sua visione è più vicina a:
- un processo di guarigione e crescita
- una continuità in cui la coscienza impara e si espande
Se esistono stati dolorosi dopo la morte, per lei non sono punizioni sadiche, ma:
- conseguenze del modo in cui abbiamo vissuto
- occasioni per comprendere, integrare, trasformare
5. Cosa NON dice
- Non descrive un “sistema” di piani, corpi sottili, reincarnazioni in modo tecnico (non è Steiner, non è Blavatsky).
- Non dice: “So esattamente come è l’aldilà”.
- Non la presenta mai come “dottrina”: parla sempre di ipotesi vissuta, basata su migliaia di casi, più la sua esperienza.
Lei stessa ripete spesso una cosa del genere (parafrasi):
Non posso dimostrare nulla come in laboratorio,
ma ho visto troppo per credere che con la morte finisca tutto.
6. La sintesi in due frasi
Se dovessi ridurre il pensiero di Kübler-Ross sull’aldilà a due frasi, sarebbero:
- “La morte è una transizione verso uno stato di coscienza più ampio, dove non c’è più dolore e dove siamo circondati da amore.”
- “Lì comprendiamo che l’unica cosa che portiamo con noi è quanto abbiamo imparato ad amare.”